I NUOVI SPAZI PER IL FINE VITA

Come si sta muovendo la legislazione per rispondere alla necessità di creare luoghi deputati ad ospitare le salme?

Il trapasso è un momento spazio temporale determinato e caratterizzato da un forte contenuto emotivo e spirituale. Anche a livello di collocazione il luogo ove viene celebrato il rito funebre e/o dove viene ospitata la salma rappresenta un elemento importante in questo settore di riferimento.

Quale sia lo spazio idoneo al morire e dove sia preferibile accogliere la salma è quindi un interrogativo importante, determinato anche dal cambiamento degli usi e dei costumi locali e dal pluralismo che caratterizza l’attuale società.
Pur dovendo ammettere che il legislatore non ha forse ancora colto appieno le necessità espresse dalla popolazione (come ad esempio il bisogno sempre più crescente di istituire luoghi aconfessionali dove poter dedicare un momento di riflessione nel ricordo del defunto), vero è che la normativa vigente, sia statale che regionale, dal 2004 quantomeno recepisce l’esigenza di realizzare luoghi preposti ad ospitare il defunto, implementando il plesso delle attività necroscopiche e funebri.

La disciplina fondamentale in tema di attività funerarie è contenuta, come è noto, nel T.U. delle leggi sanitarie (Regio Decreto 27 luglio 1934, n. 1265), ed in particolare al titolo VI (del regolamento di Polizia Mortuaria). Tale normativa è volta a stabilire l’ubicazione e le caratteristiche dei cimiteri, affrontando prevalentemente i profili sanitari, con riflessi su quelli di natura urbanistica. Il regolamento di polizia mortuaria (D.P.R. n. 285 del 10 settembre 1990) reca inoltre disposizioni, tra le altre, in materia di obitori (capo III), di trasporto dei cadaveri (capo IV), sui cimiteri (capo IX e X), sulle sepolture private nei cimiteri (capo XVIIII) e sui sepolcri privati fuori dai cimiteri (capo XXI). Alle Regioni spetta l’elaborazione di piani ad hoc e leggi specifiche.

Si tenga presente che l’ottica normativa è quella classica da regolamento di polizia mortuaria, ovvero si prende spunto dalla ratio igienico-sanitaria e, in parte, urbanistica, per fissare dei paletti entro cui i privati possono realizzare luoghi quali case funerarie e sale del commiato. È compito, in ogni caso, del Comune regolamentare l’attività, secondo principi uniformi stabiliti con normativa statale eventualmente integrati dalla normativa regionale.

Tuttavia il lessico che si va ad utilizzare e che viene usato anche in ambito di leggi regionali, a volte non sempre è preciso generando spesso confusioni.
Invero, le case funerarie sono dotate dei requisiti igienico sanitari e attrezzature per l’osservazione della salma e possono prevedere l’esercizio dell’attività di imbalsamazione e tanatoprassi secondo le modalità e i termini stabiliti da appositi provvedimenti regionali e nazionali. Presso le case funerarie possono sostare per brevi periodi, in attesa del trasporto, feretri destinati ad inumazione, tumulazione o cremazione. Nelle case funerarie i servizi per il commiato possono essere altresì destinati alla celebrazione delle esequie civili o religiose per appartenenti a confessioni religiose che non dispongano di locali adatti a tale scopo.
La sala del commiato, nel suo significato più restrittivo, è lo spazio ove garantire la ritualità, di norma a feretro chiuso, nel qual caso alla struttura non è richiesto di dotarsi di tutte quelle accortezze igienico-sanitarie e urbanistiche previste per le case funerarie.
Per essere più chiari la netta differenza tra casa funeraria e sala del commiato risiede nella possibilità di ospitare il feretro a cassa aperta (la prima) o chiusa (la seconda).

Non tutti i piani regolatori prevedono però un indirizzo urbanistico ad hoc, e, pertanto, le singole città classificano la destinazione ancora sulla base di indici a volte peculiari (per non dire criticabili).

Interessante è notare che è pendente una proposta di legge innanzi alla Camera (A.C. 1143) volta a consentire un allargamento delle competenze ipotizzabili per i gestori delle case funerarie che permetterebbe agli stessi di “costruire e gestire forni crematori“ampliando così la possibilità di realizzare impianti crematori fuori dalle mura cimiteriali, in linea con il trend europeo che vede i crematori quali attività esercitabili anche in forma privata, fuori dalle zone cimiteriali. Insomma, un‘opportunità ulteriore di espansione del settore che si registra in netto contrasto con quella alla base delle norme attualmente in vigore, viceversa, di stampo tutto regionale, che impongono una acclarata incompatibilità tra attività funebre e di gestione dei servizi cimiteriali e di cremazione, nonché limitazioni precise all’apertura di nuovi poli crematori sulla base di indici di mortalità, distanza e quant’alto.

AVV. ALICE MERLETTI & AVV. ELENA ALFERO